Ti sei mai sentito bloccato?

Stare nello spazio liminale

Articolo di Michela Lupi

Ti sei mai sentito bloccato? Di avere la sensazione di stare in uno spazio sospeso, in una zona di transito: non essere più dove si era, ma nemmeno ancora dove si arriverà? Di stare per lasciare qualcosa ma senza avere la certezza del futuro?

L’antropologo Arnold van Gennep, nei primi anni del ‘900, nell’ambito della sua teoria sui riti di passaggio ha definito questo trovarsi tra un prima ed un dopo spazio liminale (dal latino limen-mĭnis, letteralmente ha il significato di soglia o confine, dell’appena prima e può evocare il concetto di preparazione a un passaggio). I momenti di passaggio più significativi sono rappresentati dai riti di iniziazione come la nascita, l’adolescenza, il matrimonio e la morte, tutti questi momenti sono ritualizzati dalle comunità in modo simbolico per accompagnare il passaggio di stato. 

E nella tua vita professionale, ti sei mai sentito bloccato? Ad esempio quando hai cambiato lavoro, effettuato un cambio di ruolo, vissuto un’acquisizione, una fusione aziendale. Non sempre sentirsi stuck, come dicono gli inglesi, è confortevole, qualche volta questo stato si porta dietro tensioni, incertezze specialmente quando i tempi si fanno lunghi…  dover stare nel qui ed ora può avere un costo energetico alto. Le emozioni che possiamo incontrare sono molte: rabbia, frustrazione, tristezza, apprensione, disgusto, paura …. Prendiamoci la responsabilità del nostro benessere e della salute dei nostri gruppi di lavoro: gestiamo questi momenti.  

Chiudersi o ignorarli può non essere la strategia migliore, il pensiero sistemico ci invita all’osservazione, a fare zoom out, a prenderci del tempo per leggere con attenzione questi momenti che sono ricchi di informazioni su di noi e sui contesti e provare a stare in modo relativamente confortevole nello spazio liminale. Sia a livello personale che come consulente ho visto la tensione creata da una transizione lunga e non affrontata. Ho vissuto la cessione di ramo d’azienda e sono rimasta in una lunga attesa di risposte sul mio futuro e quello dei miei colleghi, ho ascoltato persone che, dopo mesi dall’insediamento del nuovo AD, ancora non conoscevano il nuovo piano strategico, ricambi generazionali, trasformazioni da start up ad impresa gestite senza cura. Tutto questo con costi molto alti in termini di benessere personale e relazionale. 

Cosa fare? Quali possibilità ci offre il pensiero sistemico? E’ fondamentale  prenderci cura degli spazi liminali, ritualizzare i passaggi, aprire spazi di dialogo non orientati alle soluzioni ma al qui ed ora ed alla condivisione delle storie personali. Non sempre possiamo dare delle risposte su come saranno o andranno le cose nel futuro, ma possiamo dare un nome all’esperienza che stiamo vivendo e aprirci all’ascolto autentico.

Cosa possiamo guadagnarci? Sicuramente la possibilità di evolvere insieme agli altri attraverso il dialogo e di vedere se la trasformazione che stiamo vivendo è allineata ai nostri valori attuali e a quello che siamo diventati oggi rispetto al futuro che ci attende. Inoltre, potremmo sorprenderci nello scoprire i benefici del “non sapere”, le trasformazioni alcune volte sono repentine, inattese, altre volte più graduali e spesso lente. Impariamo a stare nel processo trasformativo, nell’incertezza e potremmo meravigliarci di trovare nuovi significati anche  in uno stato di saggia insicurezza. Stare nel non sapere sarà la competenza del futuro quindi cogliamo l’opportunità per far fiorire nuove abilità. 
Ho una domanda per voi, cosa farebbe la natura al nostro posto? 

Crediti: Foto di Lorenzo Giotti