Intelligenza naturale e intelligenza artificiale

Articolo del Dott. Sergio Segantini

Scienza e coscienza

Prima di parlare di intelligenza artificiale (IA) sarebbe opportuno individuare cosa si intenda per intelligenza. Come quando parliamo di coscienza che è connessa con l’intelligenza, dovremmo capire di cosa stiamo parlando.  

Sembra proprio sia la scienza, con la S maiuscola, che non riesca ad afferrare bene cosa sia la coscienza. “Non c’è niente che conosciamo più intimamente della coscienza ma non c’è niente più difficile da spiegare”. Per Bateson la coscienza è un processo e non risiede in nessuna struttura anatomica come la corteccia cerebrale. 

In realtà non si sa bene cosa siano ne’ la coscienza ne’ l’intelligenza entrambe entità astratte e immateriali.

Intelligenza

La concezione di intelligenza si è evoluta nel tempo, da una visione statica, quantitativa e strettamente cognitiva a una idea multiforme, qualitativa, dinamica.

Per alcuni l’intelligenza, è la capacità di stabilire correlazioni e distinzioni tra elementi. Una funzione mentale che comporta la capacità di ragionare, pianificare, risolvere problemi, pensare in maniera astratta, comprendere idee complesse, imparare rapidamente e apprendere dall’esperienza.

In campo psicologico i principali modelli teorici del pensiero intelligente sono le teorie differenziali, la teoria della Gestalt e le teorie cognitive secondo la quale l’intelligenza si esprime attraverso tre modalità fondamentali: analitica, creativa e pratica.

IA

Per quanto si possa capire l’IA si riferisce a qualsiasi comportamento simile a quello umano visualizzato da una macchina o in un sistema. 

Nella forma più elementare dell’IA, si possono includere i computer quando sono programmati per “imitare” il comportamento umano utilizzando dati estesi da acquisizioni di comportamenti simili.

La parola che ricorre è comportamento che appartiene però a una sfera ben diversa. 

Altra definizione che troviamo nella letteratura è lo studio degli agenti che ricevono percezioni dall’ambiente ed eseguono azioni. In questo caso una definizione più raffinata e colta non parla di comportamenti ma di agenti che implementano una funzione. 

L’obiettivo, sempre poco chiaro, sembra essere quello di migliorare la conoscenza e il ragionamento.

Lo sviluppo dell’IA è quindi diretto verso l’acquisizione di forme di pianificazione in vista delle esplorazioni di territori di conoscenza. 

Che storia

Cartesio aveva separato la mente dal corpo. Va bene ma si parla di 400 anni fa. Eppure tuttora il pensiero dominante confonde mente, coscienza, cervello, identificati in un continuum dove viene vista solo una materia dominans. 

Potrebbe essere più semplice capire che la materia biologica è subordinata e in un certo senso animata da elementi della sfera sensoriale, emozionale ecc. I sentimenti palesemente non appartengono alla sfera intellettuale ma  a un piano diverso, quello del sentire. 

Anche il sentire per la comunità scientifica viene individuato nel sensorio in una visione materialista che separa i sentimenti dai cinque sensi. 

In realtà siamo in ben altri territori, appartenenti alla sfera qualitativa, poco afferrabili nella sua genesi e nell’essenza, poco definibili a parole, ma altamente potenti nella loro espressione. 

Se tutto questo deve essere misurabile e la scienza ha il compito di definire i contorni o meglio l’area della conoscenza, ne consegue che tutto ciò che non rientra in questo perimetro non viene considerato come scientifico.

l DNA spazzatura, le galassie che non vediamo ecc non sarebbero presi in considerazione e non avrebbero una funzione finalizzata solo perché gli strumenti a disposizione non ci permettono di misurarle e di conoscerle. 

I test di intelligenza (QI)  – Tra il virtuale e il reale 

I test di QI riguardano il virtuale mentre nella realtà le cose vanno ben diversamente. Quindi chiamarli test di intelligenza lascia parecchi dubbi (ovvero su cosa si intenda per intelligenza). 

Se devi usare il defibrillatore puoi avere anche un QI di 140, possedere tre lauree e avere superato l’esame di abilitazione all’uso, ma se ti paralizzi attonito alla vista del richiedente aiuto sarai ben poco efficace e quindi meno utile di un comune mortale che usa la testa appropriatamente e non è paralizzato dalla paura. 

L’intelligenza dei virus è di un altro mondo

In una dimensione cervellocentrica possiamo considerare l’essere umano come il detentore del marchio intellettivo, mentre tutta la restante biologia raccoglie le briciole di un qualità di cui ci attribuiamo il brevetto assoluto. 

Ma nella realtà possiamo notare che non tutte le forme di intelligenza sono correlate con il cervello, anzi, a volte, come nel caso dei virus, non solo non si parla di cervello, ma neanche di sistema nervoso e neanche di entità biologiche. 

Dato che la biologia si fonda sulla esistenza di esseri formati da cellule che sono il mattone della vita, il virus non viene considerato neanche come vivente in quanto è un parassita acellulare. Sarebbe interessante sapere meglio come, le sue capacità di adattamento, il superamento delle difese altrui, le infinite mutazioni, le interrelazioni con l’ambiente e la capacità patogena anche letale, vengano considerate dal giogo cartesiano che su questo non si pronuncia proprio. 

Tutto il mondo animale è dotato di forme intellettive che noi consideriamo come scontate e le banalizziamo come comportamento di specie.

Il gallo Fridolin

Nel suo libro sugli animali, l’etologo Peter Wohlleben, ci racconta che il gallo Fridolin, vive con due galline, in un recinto di 150 metri quadrati. Due galline però per lui sono un harem troppo ridotto. Dopo essersi accoppiato più volte, capita che le sue avances vengano rifiutate.  Fridolin non si accontenta facilmente e allora mette in piedi un vero trucco ben congegnato.

Di solito per conquistarle cerca del cibo per le galline e glielo offre. Loro, in preda alla contentezza e alla riconoscenza, concedono al gallo le loro grazie. Ma Fridolin non si sazia facilmente e quando non ha cibo a disposizione da offrire mette in atto una simulazione anche se tra le zampe non ha nulla. Le galline, alcune volte ci cascano e si accoppiano ugualmente, ingraziandosi il gallo e forse sperando di trovare poi del cibo. 

Dai Coronavirus al gallo Fridolin vediamo in un paio di semplici esempi come anche altre specie o altre entità vengono messi in atto ingegnosi stratagemmi per raggiungere i propri obiettivi e interessi (altro che cervello da gallina). Questa non è semplice intelligenza ma qualcosa in più che contraddistingue in modo geniale l’istinto di sopravvivenza.

L’aspetto cognitivo e quello emotivo

Sembra piuttosto evidente che l’IA possa essere utilizzata in virtù dell’acquisizione di nozioni, informazioni, codici ecc. in un continuo aggiustamento e ampliamento del sapere che si può definire come apprendimento (il termine algoritmo è spesso abusato, forse perché va di moda). 

Fin qui siamo in grado di capire la sequenza sempre che riguardi un campo di conoscenza circoscritto con delle regole precise. Come nel gioco degli scacchi o delle carte ecc dove l’esperienza e la capacità (naturale) dei giocatori va gradualmente a costituire un quantum di informazioni (artificiale). Via via il quantum si arricchisce e l’artificiale tende a diventare più ricco e complesso del naturale e può prevalere sempre restando nel recinto delle performance cognitive. 

Sebbene anche in un gioco come gli scacchi la destrezza strategico concettuale sia determinante, anche lì la componente emotiva potrebbe condizionare il confronto tra naturale e artificiale.