Autopoiesi e organizzazioni

Cosa permette all’autonomia di emergere?

Articolo di Michela Lupi

Il termine autopoiesi deriva dal greco ed è composto da due parole:

  1. Auto (αὐτός): che significa “sé stesso”, “da sé”, “proprio”.
  2. Poiesis (ποίησις): che significa “creazione”, “produzione”, “generazione” o “fare”. È derivato dal verbo poiein(ποιεῖν), che significa “fare” o “creare”.

Quindi, autopoiesi significa letteralmente “auto-creazione” o “auto-produzione”, ed è un concetto che implica la capacità di un sistema di creare e mantenere se stesso attraverso un processo interno di auto-organizzazione.

Nel contesto scientifico, il termine è stato coniato dagli scienziati cileni Humberto Maturana e Francisco Varela per descrivere i sistemi viventi, i quali sono considerati come “sistemi autopoietici” in grado di produrre e mantenere i loro componenti, organizzandosi autonomamente. Secondo questa teoria, un sistema autopoietico è un sistema che si autogenera e si auto-mantiene attraverso la continua interazione tra le sue parti, senza la necessità di un intervento esterno. Il concetto di autopoiesi è stato fondamentale nel campo della biologia, della filosofia della mente e delle scienze cognitive, poiché offre una visione dinamica e non riduzionista dei sistemi viventi, in cui il confine tra il sistema e il suo ambiente è sempre fluido e interattivo.

Alla domanda: che cosa cerca di fare l’autopoiesi? Francisco Varela – nel docu-film a lui dedicato Monte Grande. Whai is life?  di Franz Reichle, 2018 – risponde: 

“ L’autopoiesi cerca di tracciare esplicitamente e precisamente, nel modo più dettagliato possibile, quali sono le leggi fondamentali che permettono all’autonomia di emergere.

Essa non è dappertutto altrimenti, come dice Francisco Valera,  ci sarebbero funghi ovunque. Tutti i pianeti sarebbero abitati e non lo sono. Il fatto che qualcosa sia auto-organizzato e autonomo non implica necessariamente che funzioni sempre, infatti il 99% delle specie che abitavano il nostro pianeta sono scomparse… Un altro esempio è il cancro, le cellule cancerogene interrompono, all’improvviso, il dialogo con l’organismo, violano tutte le regole stabilite dal metabolismo e pensano solo agli affari loro. E’ lo stesso quello che facciamo noi con il nostro pianeta: distruggiamo il substrato che ci permette di vivere, ma non lo vediamo più, perché siamo diventati psicotici. Anche le cellule cancerogene, in un certo senso, sono psicotiche, poiché non sono in grado di sostenere il dialogo”.

ll concetto di autopoiesi, che in biologia descrive la capacità di un organismo di mantenere la propria vita e di auto-organizzarsi attraverso processi interni, può essere esteso anche ai gruppi e alle organizzazioni, che funzionano come sistemi capaci di auto-crearsi e auto-rinnovarsi grazie alle proprie dinamiche interne.” 

Questi sistemi presentano tre caratteristiche fondamentali:

  1. Si auto-organizzano: Gli individui all’interno dell’organizzazione lavorano insieme in modo coordinato senza una direttiva esterna stretta, ma attraverso un processo di interazione e adattamento reciproco.
  2. Si auto-sostengono: L’organizzazione riesce a mantenere la propria coerenza e a rinnovarsi attraverso le proprie risorse interne (come conoscenze, competenze, dinamiche relazionali, ecc.), senza dover dipendere completamente da fattori esterni.
  3. Mantenendo l’identità: Anche in un contesto di cambiamento e di interazione con l’esterno, l’organizzazione conserva la propria struttura e missione, pur adattandosi in modo dinamico a nuovi bisogni e circostanze.

Un’azienda che applica il concetto di autopoiesi non si limita a seguire rigide direttive dall’alto, ma sviluppa al suo interno una cultura di collaborazione, innovazione e adattamento che permette al gruppo di auto-organizzarsi per affrontare i cambiamenti del mercato. Le persone nell’organizzazione, pur essendo responsabili dei loro compiti, contribuiscono alla creazione di nuove pratiche, che vengono poi integrate nel sistema, garantendo la continuità e la crescita dell’organizzazione stessa.

Questo approccio richiede una visione più dinamica e interattiva dei gruppi, che non sono visti come entità statiche, ma come sistemi complessi in continua evoluzione, dove il purpose, l’armonia e l’autonomia emergono dalla capacità di auto-organizzarsi in risposta alle sfide e alle opportunità dell’ambiente esterno.

Quale è la cura naturale per rendere un sistema autonomo virtuoso?

Il dialogo è il collante essenziale che alimenta il nostro processo di rigenerazione e ci permette di orientare il nostro futuro. Le polarizzazioni, invece, rappresentano il principale ostacolo a questo percorso, poiché spezzano la connessione con l’intero, ostacolano il flusso naturale della vita e minano la coesione all’interno delle comunità, dei gruppo e dei team… .

La sfida del nostro tempo è riscoprire la capacità di connetterci autenticamente e riscoprire l’arte del dialogo, per ricostruire legami profondi e significativi.